IL DEBITO PUBBLICO CI PORTERA' ALLA BANCAROTTA:PARADOSSI DI UNA POLITICA SBAGLIATA
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Redazione-Il debito pubblico in Italia è passato da € 114, 07 miliardi del 1980 a 2.169, 90 mld. del 2015; Nel 2010 era di € 1.843,20 Un incremento incredibile che non conosce sosta, nemmeno quando la spesa diminuisce, come accaduto lo scorso anno con il calo dei tassi di interesse e il crollo del prezzo del petrolio, questo perché l’ammontare della spesa pubblica è rimasto quasi immutato per una politica che continua a non voler individuare ed eliminare gli sprechi e le clientele. Per quanto riguarda invece le entrate tributarie, lo scorso anno sono aumentate del 6,4% passando da 407,79 miliardi del 2014 a 433,44 miliardi di euro del 2015, quindi con un incremento di 25,65 miliardi. Ma tale crescita è dovuta all’incremento della pressione fiscale, all’aumento di aliquote, addizionali regionali, comunali e all’istituzioni di nuovi tributi locali quali Imu agricola e Tasi.L’attenzione su questo tema è stato sollevato dal commercialista Giuseppe Implatini, presidente del movimento Cambiare Scicli, la quale convinzione è quella che bisogna partire da un confronto politico serio sul debito pubblico se si vogliono risollevare davvero le sorti del paese. Molti percepiscono il tema del debito pubblico come marginale, ma invece è un elemento che condiziona, e non poco, la vita quotidiana dei cittadini e la vita economica delle imprese.
Da Stato di diritto a Stato di oppressione
«In Italia- dice Implatini- lo Stato di diritto è stato sostituito da uno “Stato di oppressione burocratico – fiscale” che sta massacrando imprese, lavoratori autonomi, piccoli pensionati, ceti popolari e ceto medio, a vantaggio di un blocco politico-sociale di parassiti, imboscati e privilegiati di ogni genere costituenti la base elettorale dell’attuale sistema di potere gestito dal Partito Democratico e soci.Da quanto detto – sostiene ancora Implatini- risulta evidente che l’Italia è destinata alla bancarotta se non si interverrà a modificare l’intero sistema fiscale riducendo la pressione fiscale, cancellando adempimenti inutili e imposte assurde, tagliando sperperi e privilegi in modo da ridurre gradualmente il debito pubblico e incentivare l’occupazione e il lavoro produttivo».
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