PIETA' PER L'ESISTENTE, SATIRE E POESIE CENSURABILI DI PAOLO PERA| L'INTERVISTA
- Scritto da Barbara Scardilli
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Redazione- Come suggerisce il titolo, si tratta di una raccolta di poesie di testi critici (sferzanti, seppur ironicamente) verso la contemporaneità̀ politica, religiosa, estetica e umana.
In un’epoca in cui siamo tutti alla ricerca di qualcosa, è impossibile non leggere Pietà per l’esistente. Satire e poesie censurabili (Ensemble Edizioni) di Paolo Pera. L’io poetante è qui l’osservatore di un Occidente che ha smarrito gli argini logici, come pure il senso del bello. Tra invettive e pasquinate, il poeta si scopre sì capace di un’innata avversione per l’altrui «bruttezza desiderata» ma anche compassionevole nei confronti del dolore che instaura questa bruttezza, ossia quel perdimento che fa decadere l’uomo nella caotica boria relativista. Un libro particolare, per lettori attenti.>>
Ciao Paolo! Per rompere subito il ghiaccio, come nasce la passione per la scrittura e in particolare per la poesia?
Questa domanda m’imbarazza sempre, non soltanto perché mi è spesso rivolta da un certo tempo a oggi, ma pure perché non ho un buon rapporto col termine “passione”. Di me dicono, talvolta, «Paolo Pera è un appassionato» ma io non ne intendo il senso. Che cos’è la passione? Io sono soltanto un «piccolo e dolce fanciullo» (Corazzini, docet) che non sa dove si trova; che non intende il significato delle parole: uno stolto, che però scrive decentemente, eh. Be’, se proprio devo rispondere… Penso – ma con vergogna – di poter dire d’aver iniziato prima a scrivere e poi a leggere. Da buon dislessico venivo umiliato dall’atto della lettura (lo sono tutt’ora, invero), non capirne contenuto e parole… Un’esperienza orribile! Iniziai infatti a leggere a “soli” quindici anni (bah!), là dove l’anno prima avevo preso a ideare fumettini bruttissimi – lo confesso, demenzial-pornografici… M’imbarazzo da solo! –. In occasione della mia prima bocciatura alle superiori (cosa che diede avvio a una depressione profonda che causò una seconda bocciatura) mi ero messo in testa di vittimizzarmi pubblicamente – come ora? guarda te – scrivendo un romanzetto autobiografico atto a raccontare il mio dolore. Romanzetto che venne infine pubblicato con una “Casa Editrice” Super-A-Pagamento… La quale disattese le mie speranze di veder proclamato quell’inutile lavoro “best-seller dell’anno” (rido). Quando compresi la “truffaldinità” della stessa in sede d’intervista – per un miserrimo e disperso canale Tv – li benedii tutti peggio d’un prete (ihihih). Fu un giorno pieno di letizia. Da lì in poi presi a leggere molto (capendo comunque poco) e continuai coi fumetti. Ne feci sino al 2017 quando m’investii il desiderio di parola scritta (oggetto che tende al Nulla, come io amo…), fu così che nel 2019 – lasciando mentalmente da parte le docenti liceali che parlavano di me come di «uno che scrive bene» – conobbi un maestro di cesoie (come un amico diceva) che mi mazzuolò per due anni fino a rendermi leggibile, se non bravo. Lo ringrazio tutt’oggi per quella che chiamava “terapia delle legnate sulle palle”, l’intraprendessero tutti…
Dove trovi l’ispirazione per i tuoi versi?
Ciò che mi ispira… Talvolta le piccole cose, non è facile da dire (ma cosa lo è?): penso agli oggettini kitsch – le «piccole cose di ‘ottimo’ gusto», o era pessimo? Non ricordo… –, le persone kitsch poi sono una mia passione, stravaganti, surreali ma anco surrealisti, quelli un poco sfatti, un cicinin sfasati, mattacchioni che “mattacchionano” e che “mattacchiano”, quelli che contemplano l’Assoluto e lo credono, quelli pure assolutisti che si dicono convinti della verità vera delle cose eterne, quelli – mamma mia – li amo follemente!, soprattutto perché non posso credere che in fede si credano da soli; i matti aggressivi invece mi ansiano, l’aggressività in generale l’aborro, mi piacciono i deboli, i bizzarri – come me –: i soli! E io sono il solo per eccellenza, modestamente… In conclusione, ma l’avete capito (lo devo esplicitare? «Sì, esplicitalo!»), a me della poesia piace l’Uomo: chi la scrive con tutti i suoi motivi, con tutte le sue invenzioni formali, stilistiche, la sperimentazione di vario tipo, le sue larve perennemente riproposte, i tormenti, le ossessioni, le paranoie, il modo di essere nel mondo, il modo di prepararsi al morire.
In libreria e negli store online il tuo nuovo libro Pietà per l’esistente. Satire e poesie censurabili. Come è nata l'idea di scrivere questa raccolta di poesie?
Ma non è nata, né fu concepita, no… Quando si poeteggia (o poeta, che dir si voglia [dal verbo poetare, ovviamente]; ma ricordiamoci che filosofeggiare ispira una dimensione goffa del filosofare. Immaginiamo la frase: «La poeta poeta», da embolia cerebrale! Magari «La poeta poeteggia», goffamente dunque; e allora: «La poetessa poeta», si sa, il bel gusto poetico femminile non è mai goffo al contrario dal ‘femminile mascolinizzato’ di [e da] certo “femminismo poetico” – anche detto poesia femminista – odierno). Nata chiedevi, beh… Quando si è in una fase poetica di un certo tipo le poesie si somigliano tra loro, io generalmente mi fermo quando capisco di aver cambiato stile (dolce stil pera?), al che raccolgo quelle simili sotto un titolo (o titòlo, che dir si voglia pure qui), poi rileggendo e rileggendo scopro piccoli arcani a me parzialmente noti e imbastisco infine l’operetta-operina-librino-libretto. Non so se mi spiego (sorrido sardonicamente, come mi capita spesso di fare). Ecco, forse questa domanda doveva portarmi a dire altro? No, no. Mi portava inevitabilmente a dire quello che ho detto. O, meglio, a scrivere; a “dire per iscritto”. Aggiungo però, magari, che l’intento primo (o ultimo?) era quello di proporre vagamente – ma accompagnando questa Pietà con la sua seconda parte, ossia Pena di me stesso – un moderno Hugh Selwyn Mauberley poundiano. Ricordo un caro amico-poeta, glielo dissi ed esso ruotò di 360° i suoi divini occhi bovini, quasi a dire: «Il solito megalomane!», ma è colpa mia se mi sento in rapporto coi tempi passati? Con le opere grandi (benché recenti; e mai con quelle antiche, sia chiaro)? Per me, come mi insegnò la mia amatissima professoressa Maresa Barolo al liceo, il compito dei contemporanei è riproporre per l’oggi quant’è già stato fatto. Trovando magari nuove formule e qualcos’altro di novello che ora non so dire (chissà domani…).
Cosa legge Paolo Pera? Quanti libri leggi in un anno?
Mai contati, ma pressappoco potrei azzardare un duecento ca. se non di più, boh. Cosa legge? Tanta poesia contemporanea e no, sporadicamente romanzi e spesso saggi filosofici. Il resto è scorie (cit. E.P.) … Ma no, scherzo, semplicemente non giunge né soddisfa il mio bisogno.
Qualche anticipazione per i tuoi prossimi lavori?
Eh, sono troppi: troppi, troppi, troppi troppissimi; troppi troppissimi, troppi troppissimi; troppi, troppi, troppi troppissimi (all’asilo ci facevano cantare una canzone che faceva: «Bella bella, bella bellissima» e ritornello; non ho mai capito se esistesse davvero). Come sopra, vorrei vedere presto editata la seconda parte della Pietà; poi la riedizione della mia Falce (della decima musa) con nuovo titolo corazziniano; infine ho pronte circa altre dodici raccolte, mentre svariati lavori in prosa – narrativa e saggistica – o non hanno ancora una forma definita o sono ancora incompiuti per metà. Un romanzo in particolare mi cruccia saperlo in-finito, non-finito… Sarebbe una bella mazzata sui denti a tanti “ben pensanti”. Chissà quando ci tornerò. Chissà se arriverò mai in qualche luogo. Chissà, infine, se davvero tutti si sentano stabilmente qui,