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ORICOLA,"IL SINDACO DI ....SENTINELLA"

Oricola-Mi aspetta nella sua bella villa bifamiliare ai piedi del paese. É gentile ed elegante come sempre. Spesso lo in- contro che fa lunghe passeggiate. Di mattina che è più fresco, da solo. “Vengo dal cimitero” mi dice. “Sono an- dato a trovare Gilda”. La sua amata moglie che riposa nel cimitero di Oricola.Gli dico di iniziare dai suoi ricordi d'infanzia. Sto par- lando con Bruno Nitoglia, classe 1923, figlio di Orazio Umberto e di Maria Lidia Laurenti. Un incontro tra due famiglie importanti di Oricola. “Mio padre e mia madre erano nati ad Oricola.Lui faceva il calzolaio, il macellaio, mia madre la casalinga. Più grande di me era mio fratello Giovanni, più piccolo Carlo. Sono morti tutti e due. Ho anche due so- relle più piccole Naide e Restituta”. Che durante l'inter- vista gli telefona per invitarlo a cena.Bruno è uno dei personaggi significativi del paese dal dopoguerra. È stato eletto sindaco per tre volte, ininter- rottamente dal 1970 al 1985 ed una quarta volta dal 1990 al 1995.Nell'Amministrazione del paese  c'è  stato venticinqueanni battuto in questo solo da un altro “gigante” ammi- nistrativo Massimo Laurenti che è stato in Comune con vari incarichi (anche sindaco) per ben 50 anni.Un record. “Poi nel 1985 ho lasciato per lavoro così fofatto. Nel 1995 perchè si è ammalata gravemente mia moglie. Inoltre c'era sempre Paola...” Qui lo sguardo si fa triste. Paola, per tutti Paoletta è una dei due figli di Bruno. L'altro è Roberto detto “Cocacola”.“Paola è nata del tutto normale nel 1951. Una bambina vispa e ridente. Due anni dopo nel 1953 fu colpita da una malattia terribile, una encefalopatia di cui non si sono mai scoperte le cause. Puoi capire che per curarla ho smosso mari e monti. Stavo all'ENPAS e conoscevo tutti i medici anche grandi luminari, ma non c'è stato niente da fare. Adesso Paola sta con altri disabili in una casa-famiglia in un paesino in provincia di Rieti, gestito dalla madre di due ragazzi che hanno problemi analo- ghi a quelli di mia figlia. Sta bene, è contenta... Era de- stino che dovesse andare così...”

Sospira ed io riporto il discorso all'Oricola degli anni 30.Lui racconta “A quei tempi Oricola era … niente. Mi spiego. Sotto il fascismo la scuola di base era d'obbligo. Ma molti bambini, delle famiglie più povere non ci ve- nivano... c'era bisogno di braccia nelle campagne. Non c'era l'edificio della scuola...Quel brutto cubo che sta davanti a casa tua è del 1950 più o  meno. L'insegnamento  avveniva  in due  stanze, dove adesso c'è la casa di Dalia e Amerigo ed in un bu- co, nella piazzetta dove c'è la casa di zio Ugo e che era usato  anche dal  medico,  Grillo,  come  ambulatorio di fortuna. I maestri erano Dari e la Signora Dodero e le classi erano abbinate perchè gli scolari erano solo venti (anche  adesso  le classi  sono  abbinate dopo 70 anni  - Nda).La gente viveva di agricoltura, di allevamento delle pecore e della fornace Nitoglia. Il paese era povero, spor- co, con uomini ed animali che quasi vivevano insieme. C'era l'acqua pubblica però che veniva dalla sorgente Fioio e sgorgava in paese da 50 cannelle. Fu incanalata nel 1923. Fu un avvenimentoSegretari del PNF (Partito Nazionale Fascista) erano Dari e Grillo mentre Podestà furono Curzio Nitoglia, Rena- to Minati e lo stesso Dari. È inutile che ti dico che, senza arrivare alle violenze e alle intimidazioni di altre parti, il clima era dispotico e lo sfruttamento dei contadini e de- gli operai totale.C'era un sentimento antifascita, anche in mio padre, manon poteva esprimersi. Memmo era una specie di far- macista del paese. Più alchimista direi.Curava con le erbe ma allora, si moriva anche di seplice polmonite. Bene, quando nel 1938 Mussolini  ven- ne ad Oricola ad assistere alle Grandi Manovre militari, Memmo fu acchiappato, perchè antifascista, chiuso nel- la casa di Barbati e tenuto al fresco per molti giorni. Ma lui tirava dritto con le sue sigarette che si faceva con le foglie di patate. Si fumava le patate e non il tabacco che costava troppo”.Ride, interrompiamo e ci prendiamo un caffè. Riprende.“Cera anche la fame anche se la campagna e la terra,qualcosa comunque ti daQualcuno, come Attilio Minati andò anche in Africa quando l'Africa ce l'avevamo qui. Intanto  dopo le ele- mentari ero stato mandato da mio padre in collegio a Roma dai padri Pallottini a via Giuseppe Ferrari, a piazza Mazzini.Lì ho fatto gli studi classici e poi nel dopoguerra mi so- no laureato in legge. Nel 1940 allo scoppio della guerra sono tornato ad Ori- cola. Conoscevo l'inglese e questo è stato molto utile du- rante l'occupazione tedesca.Sentivo di nascosto Radio Londra che ci dava notizie dell'andamento della guerra che il regime nascondeva. Devi sapere che ad Oricola, sotto il naso dei tedeschi, noi  nascondevamo  nelle  case,  soldati  alleati,  inglesi, americani,  canadesi  dispersi  o  scappati  dai  tedeschi. Anche soldati italiani sbandati dopo l'8 settembre.

Un punto di riferimento era alla Fonte Vecchia, in unastalla diroccata dove tre, quattro inglesi, con una radio- trasmittente tenevano i contatti con gli alleati che erano sbarcati ad AnzioPortavamo agli inglesi cibo e notizie.In paese poi ci mettevamo di vedetta alla Guardiola, e appena vedevamo le Jeep tedesche che venivano in pae- se nascondevamo gli sbandati che, se catturati, sarebbe- ro stati mandati a Salò o in Germania nei campi di con- centramento.Tra i renitenti c'era un ufficiale di aviazione, Silvi, che poi sposerà Lia, la ricca ereditiera, unica figlia di Co- stantino Nitoglia.Me la ricordo ancora quando usciva per andare in Chie- sa.C'era anche un maresciallo dei carabinieri, Sor Nicola, che sicuramente era del controspionaggio ed era in con- tatto con gli americaniLa sera spariva, andava al cimitero, si ficcava alla Cappella dei Veroli e teneva i contatti con gli alleati. Credo che  sor Nicola abbia  fatto smettere gli  americani che sparavano da Marano con i carri armati contro l'osservatorio tedesco sulla torre del Castello.Con gli aerei che ronzavano sopra di noi pronti a bom- bardare il paese.Centrarono la chiesetta a S. Restituta, la stalla di Anto- nio D'Ortenzio detto “l'aviatore” e il castello. Sor Nicola sparì e dopo un'ora il fuoco smise. Non ci furono né morti né feriti per fortuna.Io portavo una specie di tonaca che era la divisa del col- legio. Forse per questo i tedeschi mi lasciavano in pace credendomi un prete.La domenica suonavamo l'organo in chiesa e sor Nicola era il solista del coro che aveva messo in piedi. I tede- schi nel giugno ’44, scapparono dal paese; due che sta- vano sotto l'arco mi lasciarono un elmetto con dentro una bottiglia di cognac...Dopo qualche ora arrivò una camionetta inglese e così ad Oricola è finita la guerra. Il quattro  giugno 1944, il giorno del Corpus Domini, andai a Roma e fui assunto dagli inglesi come interprete all'ufficio di collocamento che stava a Santa Maria Maggiore.

C'era disoccupazione e  fame anche a Roma dopo la du- ra occupazione nazista. Prendevo uno stipendio alto per quel tempo.Poi  entrai,  per  concorso,  senza  spinte,  all'ENPAS  nel1948, mi sposai nel 1950 con Gilda Rinaldi, mi sono  lau- reato nel 1956.Vivevo a Roma ma tornavo spesso ad Oricola dove erano in atto lotte sociali contro lo strapotere dei padroni. Costantino  Nitoglia  (sor  Costantino)  proprietario  di molti ettari di terra, che faceva il bello e il cattivo tempo e Curzio Nitoglia il padrone della Fornace.Mio padre Orazio Umberto, sempre un Nitoglia, stava invece dall'altra parte. La divisione era netta anche nelle famiglie.Democristiani   da   una   parte,   comunisti   e   socialisti dall'altra. Ma con l'unità e le lotte della gente, i padroni dovettero cedere... Dopo Carmelo Maggio che fu nomi- nato Sindaco dagli Alleati e dopo Tito Laurenti, nell'ot- tobre 1946, mio padre fu eletto Sindaco del paese con libere elezioni.Aveva come assessori Ezio D'agostino e Rinaldi Anto- nio. Io seguiva mio padre ed imparavo da lui. Così nel lontano 1965 entrai a far parte dell'amministrazione di Oricola.Poi nel 1970 divenni Sindaco per la prima volta”. Do- mando: “Com'era Oricola in quegli anni”? Bruno ri- prende il suo racconto. “Anche se in Italia c'era il boom, il paese era ancora arretrato.Non ridere... Vuoi sapere quale fu la prima delibera del- la giunta appena insediata? La proibizione di tenere maiali e galline per strada.... Nel 1970!Il primo lavoro fu quello di creare... l'amministrazione comunale! Non c'era una struttura, una organizzazione, un organigramma.Non c'erano soldi per pagare le 13esime, c’erano quei pochi  collaboratori  erano  precari,  senza  contributi  (le due guardie campestri, Carlo di Lisetta e il segretario D'Urso).

Quando si sfasciava qualcosa dovevamo chia- mare Menicuccio detto Ranzoru per riparare... Gli stipendi erano di 30.000 £ l'anno! Ho cercato di met- tere tutti a posto e credo di esserci riuscito.Poi, per fare cassa, vendevamo, zona per zona, la legna del bosco Sesera, la Macchia. Perchè le tasse del focatico, insomma una specie di IRPEF, le dovevamo pagare. Veniva a riscuotere un certo Zaccagnini, esattore, di Tagliacozzo.Poi ancora, negli anni, abbiamo asfaltato le strade che erano bianche, fatte le fogne che non c'erano, messo qualche lampione,  le fogne e la luce a Civita che c'erano due lampadine, la raccolta dei rifiuti che non si faceva e che poi si fece con un somare con i bigonci.Prima Panetti e poi Sabatino erano gli “scopini”... Abbiamo sistemato il muretto del Castelluccio, fatto il Pia- no Regolatore e individuato la zona industriale svilup- pata nella Piana con i soldi della Cassa del Mezzogior- no. Forse la prima fabbrica fu la Rotosud.Oricola si trasformò, anche per la costruzione dell'Auto- strada Roma-L'Aquila che rendeva più facili i collega- menti. La sede del Comune la portai in una parte del Castello. Insomma lavoravamo molto con Massimo, “Capello”,” Baccaglino” e altri. In tempi più recenti ab- biamo aperto l'asilo infantile, e sviluppata la nuova zo- na residenziale, in Via Quartiere, quella sopra Santa Re- stituta, ed altre piccole cose come il campo di bocce e il parco giochi e grandi opere come il depuratore.Poi tante cose altre, non me le ricordo tutte. Insomma, mettendoci del mio che mica c'erano i rimborsi di oggi, credo di essere stato utile alla comunità, al paese. Sem- pre lavorando con spirito di servizio e non di potere, “non pe' comanna'” come si dice. A volte aiutati, a volte ostacolati dall'opposizione. Ma forse questo fa parte del gioco... Mi domandi se ho fatto errori? Si, chi  lavora sbaglia, ma se è successo è in buona fede, per i limiti di ciascuno, ricercando sempre, da uomo di sinistra, il be- ne del popolo... Questo lo rivendico con forza. Spero che gli altri portino ancora avanti le cose per il bene co- mune”. “Hai qualche rimpianto?” gli domando ancora mentre mi alzo per andarmene perchè l'intervista è fini- ta ed è quasi ora di cena. Mi guarda muto, poi in un sussurro mi dice un nome “Paoletta…”

da"LA STRADA DI CASA STORIE DA ORICOLA e DAGLI oricolani" di Tullio Lucidi

 

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