L'ARMONIZZAZIONE DEI BILANCI DEGLI ENTI TERRITORIALIL(NOTIZIE LOCALI)
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Redazione-Siamo lieti di pubblicare l'intervento del Dr.Evandro Ranieri sull'Armonizzazione dei Bilanci degli Enti Territoriali.Il Tema trattato che potrebbe sembrare ostico al primo impatto,risulta,se letto con un pò di pazienza e attenzione,utile non solo agli addetti ai lavori,ma a tutti indistintamente in vista,soprautto, della probabile e sperata unione dei Comuni della Piana del Cavaliere:"Prendendo spunto dall’invio del Presidente della Commisione Parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale al Presidente della Corte dei Conti ad una audizione su “armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali e sistema contabile delle Regioni”, cerchiamo di evidenziare i nodi problematici e le potenzialità legate all’avvio del processo di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei loro organismi (d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 integrato e corretto dal d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126).
Con l’adozione del d.lgs. n. 126/2014, si completa il disegno tracciato con il d.lgs. n. 118/2011 nella formulazione originaria e, quindi, si introducono rilevanti modifiche del testo unico degli Enti locali (TUEL - d.lgs.18 agosto 2000, n. 267) mentre, per le Regioni, si dà avvio al nuovo ordinamento contabile (sostitutivo del d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76).
Ne risulta che tutti gli enti territoriali si conformano ai principi del novellato d.lgs. n. 118/2011 (principio della programmazione, della contabilità finanziaria, della contabilità economico-patrimoniale e del bilancio consolidato). Principi che sono legati all’adozione del piano dei conti integrato, allo scopo di raccordare i conti delle amministrazioni pubbliche con il Sistema europeo dei conti nazionali.
Nel contesto delle disposizioni comunitarie volte a migliorare il monitoraggio dell’osservanza delle regole di bilancio, mediante la previsione di quadri unici di bilancio per tutti i sotto-settori nei quali si articola l’amministrazione di ciascuno Stato membro, è da segnalare la recente legge europea 2013-bis, che amplia il ruolo della magistratura contabile nella verifica dei dati di bilancio di tutte le pubbliche amministrazioni, previa definizione di metodologie e linee guida destinate agli organismi di controllo interno e agli organi di revisione contabile.
Il processo di armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali
La prossima entrata in vigore – a tappe progressive – dell’armonizzazione delle regole contabili e degli schemi di bilancio,costituisce una irripetibile occasione per rendere più trasparenti e credibili i conti degli enti territoriali.
Il riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi di Regioni ed Enti locali si pone come cruciale premessa di una “operazione verità” tesa a restituire la necessaria trasparenza alla finanza territoriale, aggregato che, come è noto, incide da tempo in misura rilevante sul conto della pubblica amministrazione. L’occasione si presta anche per una compiuta analisi dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo, che presentano, nei loro principali documenti contabili, scritturazioni di residui attivi/passivi spesso tra loro non concordanti.
Una revisione complessiva di tali partite gioverebbe alla sistemazione dei flussi debitori e creditori tra lo Stato e le autonomie territoriali, nonché, all’interno di quest’ultimo comparto, tra Regioni ed Enti locali. Ne deriverebbe un miglioramento della trasparenza delle grandezze della finanza pubblica italiana ed un recupero di qualità dei relativi dati.
Il riaccertamento straordinario dei residui va condotto secondo i principi di prudenza ed effettività, così da far emergere il reale stato di salute finanziaria degli enti territoriali. Infatti, la cancellazione come residui attivi non esigibili, anche di entrate di dubbia e difficile esazione, potrebbe condurre ad una proliferazione dei disavanzi, con un allargamento dell’area interessata dalle operazioni di ripiano pluriennale, che il legislatore prevede, con una gradualità di copertura, in un periodo massimo di dieci anni. Ciò impone, comunque, l’esigenza di contemperare il peso della manovra con l’eccessiva diluizione nel tempo della relativa copertura: nell’ambito di un così esteso arco temporale si aprirebbero, infatti, spazi per l’effettuazione di ulteriori spese.
D’altra parte, una eliminazione dei residui attivi inferiore a quanto tecnicamente imposto, potrebbe attenuare gli effetti dell’attività di riaccertamento straordinario e prolungare, sostanzialmente, la stagione dei “disavanzi occulti”.
Pertanto, un corretto riaccertamento straordinario dei residui – dal lato sia delle entrate che delle spese – e l’istituzione di un “idoneo” fondo crediti di dubbia esigibilità, costituiscono strumenti basilari per la partenza della nuova contabilità. La cancellazione dei residui attivi pone problemi di copertura delle corrispondenti spese, mentre l’esatta quantificazione dei residui passivi tende ad evitare che, in futuro, possano ripresentarsi situazioni di incertezza delle partite debitorie e, conseguentemente, a prevenire il ripetersi di iniziative eccezionali per la loro sistemazione, come si è recentemente verificato con i provvedimenti di urgenza adottati per il pagamento dei debiti pregressi.
Proprio l’allocazione e l’utilizzo delle somme messe a disposizione per il pagamento dei debiti arretrati, nonché le incertezze legate alla definizione dei rapporti Stato/Comuni in ambito fiscale e all’entità dei trasferimenti spettanti potrebbero causare ulteriori problemi per una precisa ricognizione dell’ammontare dei residui attivi e passivi da conservare nelle scritture degli enti.
Il nuovo impianto della contabilità finanziaria delle Regioni e degli Enti locali – imperniato, sostanzialmente, sulla competenza finanziaria potenziata e sulla correlata introduzione del fondo pluriennale vincolato (in cui assume rilievo decisivo la variabile temporale) - dovrebbe sortire l’effetto, in prospettiva, di un tendenziale ridimensionamento delle poste in conto residui che dovranno corrispondere a veri crediti e veri debiti della pubblica amministrazione. Nel contesto normativo precedente e sulla base dei dati di rendiconto dell’esercizio 2013 i residui attivi e passivi di Regioni, Province e Comuni presentano ordini di grandezza invero rilevanti.
Il riaccertamento straordinario dei residui non è una attività da demandare in via esclusiva alle competenti strutture tecniche delle amministrazioni, ma deve coinvolgere – nel suo complesso - la responsabilità della classe politica e dirigenziale. Una efficace opera di pulizia dei bilanci esige, infatti, una presa di coscienza, a livello decisionale, sulla ineludibile necessità di rappresentare la reale situazione dei conti ed i rischi che ne insidiano gli equilibri.
Dopo il terzo anno di sperimentazione (caratterizzato da una crescita del numero di enti partecipanti) le nuove norme di contabilità si apprestano ad andare – sia pure gradualmente - a regime, anche se la Sezione delle autonomie non sottovaluta difficoltà e resistenze alla loro introduzione, che richiede, peraltro, una profonda revisione del sistema informativo contabile, una adeguata riorganizzazione degli uffici ed innovativi schemi operativi, da accompagnare con una adeguata formazione.
Gli organi di revisione - cui sono intestati molteplici compiti di verifica e controllo - nonché i direttori delle ragionerie regionali ed i responsabili dei servizi finanziari degli Enti locali sono chiamati a svolgere un ruolo decisivo per il positivo avvio della riforma.
E’ da aggiungere che la riforma non si esaurisce nella modifica della contabilità finanziaria, ma si sostanzia nella organica connessione di questa con i sistemi e gli schemi di contabilità economico-patrimoniale (la cui attivazione – ad eccezione degli enti in sperimentazione – è differita al 1° gennaio 2016). Solo se la riforma sarà resa operante con la sinergica combinazione dei diversi moduli contabili, sarà possibile pervenire ad una reale valutazione dello stato dei conti di ogni singolo ente. Nell’ambito di questa generale esigenza di trasparenza particolare attenzione va riservata al nuovo modello di Conto del Patrimonio (o meglio dello Stato patrimoniale degli enti territoriali).
Le differenze con il vecchio modello sono più evidenti nella rappresentazione del passivo, che presenta sostanziali affinità con lo schema civilistico assunto dal legislatore quale parametro di riferimento. In tale ottica il nuovo sistema fornisce una rappresentazione più analitica dei debiti fondata sulla classificazione per natura e per soggetto beneficiario, dando rilievo al profilo dell’esigibilità. Risulta, peraltro, espunto dal nuovo impianto il prospetto di conciliazione che, come noto, assolve, nel sistema delineato, per gli Enti locali, dal d.p.r. n. 194/1996, ad una fondamentale funzione di raccordo tra le poste finanziarie del conto del bilancio e le componenti attive e passive sia del conto economico che del conto del patrimonio. Nel sistema armonizzato a siffatta finalità è, invero, preordinato il piano dei conti integrato che, suddiviso in tre distinti moduli tra loro correlati, consente l’integrazione e la coerenza tra le movimentazioni finanziarie e quelle economico-patrimoniali ed una lettura più articolata del medesimo fatto gestionale non più relegato al ristretto ambito della valutazione finanziaria. Anche su questo versante è necessaria l’attivazione di adeguati strumenti organizzativi e di un mirato piano formativo, nonché la messa a punto di un idoneo sistema informativo.
Il nuovo sistema di contabilità degli enti territoriali – di cui, è previsto il graduale avvio a partire dal 1° gennaio 2015 – sconta una prolungata ed inusuale (anche se necessaria) fase di sperimentazione, i cui esiti sono sfociati nel decreto legislativo n. 126/2014, che ha integrato e corretto il decreto n. 118/2011. In tale attività di verifica sul campo del nuovo modello contabile – che ha coinvolto, come si è detto, un crescente numero di amministrazioni – sono emerse criticità di varia natura, legate anche alla difficoltà di approcciare in maniera innovativa e coerente - da parte dell’eterogenea platea di enti coinvolti - i profili della programmazione, della gestione e della rendicontazione delle risorse. E’ emersa l’esigenza di fare chiarezza sulle posizioni debitorie degli enti territoriali e che profili problematici di portata generale hanno riguardato residui attivi, fondo crediti di dubbia esigibilità, gestione dell’anticipazione di tesoreria ed impiego dei fondi vincolati.
Sembra, in generale, emergere l’esigenza di cogliere le potenzialità del nuovo ordinamento contabile – in termini di efficienza e trasparenza – e di non sottovalutare l’esigenza di una forte discontinuità con i precedenti schemi operativi e gestionali. Resta in primo piano la necessità di un profondo cambiamento organizzativo che costituisce l’indeclinabile presupposto per un positivo esito del processo di armonizzazione dei conti degli enti territoriali.
Focus sui tempi di attuazione della riforma per Regioni ed Enti locali
Nell’ottica di un’applicazione graduale dell’armonizzazione delle regole contabili e degli schemi di bilancio, che include, tra i primi adempimenti, le operazioni di riaccertamento ordinario e straordinario dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2014, si inquadra la problematica della redazione del bilancio consolidato tra enti territoriali e loro organismi partecipati/controllati (art. 11 - bis, d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118, introdotto dal d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126). Si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso individuato dal d.lgs. n. 118/2011 dedicato, appunto, all’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei loro organismi; universo, questo, che comprende gli enti strumentali, i semplici organismi (tra cui le gestioni fuori bilancio, a norma dell’art. 1, co. 2), le aziende, le società controllate e quelle partecipate (artt. da 11 - ter a 11 - quinques).
Al riguardo, una prima importante frattura si crea tra gli enti che hanno partecipato alla sperimentazione e la restante platea degli enti soggetti all’armonizzazione: l’art. 11-bis, co. 4, d.lgs. n. 118/2011, concede a questi ultimi, enti non sperimentatori, la facoltà di rinviare l’adozione del bilancio consolidato con riferimento all’esercizio 2016. Pertanto, viene meno la generalizzata applicazione, dall’esercizio 2014, dei comuni schemi di bilancio consolidato di cui all’art. 11, co. 1, d.lgs. n. 118/2011, nuovo testo. Lo spostamento in avanti degli adempimenti derivanti dall’armonizzazione, in favore degli enti non sperimentatori, investe anche l’obbligo di adottare, a fini conoscitivi, un sistema di contabilità economico-patrimoniale da affiancare alla contabilità finanziaria, a norma dell’art. 2, d.lgs. n. 118/2011 che, nella versione originaria, già estendeva tale previsione agli enti e agli organismi strumentali degli enti territoriali. Pertanto, con l’art. 3, co. 12, d.lgs. n. 118/2011, emendato, sono tenuti all’obbligo di tenere la contabilità economico-patrimoniale, nei termini sopra indicati, soltanto gli enti che hanno partecipato alla sperimentazione. Gli altri enti sono facoltizzati a rinviare tali adempimenti all’anno 2016, nonché a posticipare, alla stessa data, l’adozione del piano dei conti integrato.
Di conseguenza, è previsto che i comuni schemi di bilancio finanziario, economico e patrimoniale, e i comuni schemi di bilancio consolidato (di cui agli allegati 8, 9 e 10 citati dall’art. 11, co. 1, d.lgs. n. 118/2011) assumono valore a tutti gli effetti giuridici (compresa la funzione autorizzatoria), per tutti gli enti, con riferimento all’esercizio 2016 (art. 11, co. 14, d.lgs. n. 118/2011), mentre tali effetti si producono sul rendiconto 2015 per gli enti che nel 2014 hanno partecipato alla sperimentazione.
In sintesi, gli enti non sperimentatori possono rinviare all’anno 2016 l’adozione dei predetti schemi di bilancio (economico-patrimoniale a fini conoscitivi; economico-patrimoniale e consolidato a fini autorizzatori) e del piano dei conti integrato.
Diversamente, gli enti sperimentatori adottano:
1. dal 2014 la contabilità economico-patrimoniale a fini conoscitivi;
2. dal 2015 la contabilità economico-patrimoniale e il bilancio consolidato a fini autorizzatori.
Pur non considerando la diversa temporizzazione degli adempimenti, a seconda che gli enti abbiano partecipato o meno alla sperimentazione, occorre sottolineare che l’adozione del bilancio consolidato, per sua natura, richiede la tenuta della contabilità economico-patrimoniale nell’anno precedente alla sua redazione, mentre nelle citate disposizioni tali adempimenti ricadono sullo stesso esercizio (2015 per gli enti sperimentatori, 2016 per gli altri enti).
Sul punto, è appena il caso di rilevare che la tenuta della contabilità economico-patrimoniale costituisce un presupposto necessario per il buon esercizio dei controlli di gestione e che il riordino e il potenziamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche è stato avviato con d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, in attuazione della l. 15 marzo 1997, n. 59. Trattandosi di norme consolidate nel tempo e applicabili a tutte le amministrazioni pubbliche, può essere considerato eccessivo il rinvio all’anno 2016 dell’adozione della contabilità economico-patrimoniale.
In relazione alle descritte fasi di attuazione degli adempimenti richiesti dall’armonizzazione, è degna di nota la disciplina delle abrogazioni disposta dall’art. 77, d.lgs. n. 118/2011. Tra queste, l’abrogazione, dal 1° gennaio 2015, della norma di cui all’art. 6, co. 4, d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che impone l’allegazione, al rendiconto della gestione degli Enti locali, di una nota informativa contenente la verifica dei crediti e debiti reciproci tra l’ente e le società partecipate (art. 77, co. 1, lett. e).
La salvaguardia della predetta norma ai fini della rendicontazione dell'esercizio 2014 e la sua contestuale reiterazione nell’art. 11, co. 6, d.lgs. n.118/2011 emendato, potrebbero restituire all’interprete un quadro poco chiaro, tanto più che è consentito agli enti non sperimentatori di rinviare all’anno 2016 l’adozione del bilancio consolidato nonché degli schemi di bilancio economici e patrimoniali, anche se redatti a fini conoscitivi.
La stessa disarmonia si riscontra nell’art. 3, co. 5, quinto periodo, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, che decreta l’abrogazione dell’art. 76, co. 7, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. La norma abrogata prevedeva il c.d. consolidamento delle spese di personale, ossia l’obbligo di computare, ai fini del calcolo del previsto limite di incidenza della spesa di personale su quella corrente “le spese sostenute anche dalle aziende speciali, dalle istituzioni e società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara”. Al di là dei nuovi limiti del turn over dettati dal citato art. 3, co. 5, d.l. n. 90/2014, è evidente che tale disposizione conteneva un meccanismo idoneo a consolidare le spese di personale dell’ente territoriale con quelle degli organismi partecipati.
Tale meccanismo era certamente destinato ad essere superato con l’introduzione del bilancio consolidato ma, anche in questo caso, si coglie un disallineamento temporale, poiché è consentito agli enti non sperimentatori di rinviarne l’adozione all’anno 2016, mentre la norma dell’art. 76, co. 7, è abrogata dal 2014.
In coerenza con la descritta temporizzazione degli adempimenti, il MEF ha individuato i primi adempimenti per l’avvio, nel 2015, della riforma di cui al d.lgs. n. 118/2011, tra cui:
1. l’adeguamento del sistema informatico, contabile e organizzativo dell’ente;
2. la riclassificazione per missioni e programmi dei capitoli del PEG (Enti locali) e del bilancio gestionale (regioni ed enti regionali);
3. l’organizzazione delle attività di riaccertamento straordinario dei residui attivi epassivi;
4. la determinazione per gli enti locali dell’importo degli incassi vincolati al 1°gennaio 2015;
5. l’acquisizione di informazioni per l’esatta quantificazione del fondo crediti di dubbia esigibilità;
6. il coinvolgimento, nelle operazioni di adeguamento contabile, degli enti e organismi strumentali dell’ente (consigli regionali, istituzioni degli enti locali, etc.).
Si tratta di adempimenti minimi, necessari per avviare la riforma di cui al d.lgs. n. 118/2011 novellato: è auspicabile che gli enti, muovendo i primi passi sul terreno dell’armonizzazione contabile, siano portati a non rinviare gli ulteriori passaggi, di cruciale importanza per il buon esito della riforma.
Il nuovo trattamento dei residui degli enti territoriali
I residui sono al centro della manovra di avvio delle nuove disposizioni sull’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio, che muoverà proprio da una revisione straordinaria di tali poste, cancellando quelle non più giustificate da un valido titolo giuridico e reimputando le altre negli esercizi di competenza determinata secondo il criterio della esigibilità.
L’operazione di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi, prevista dall’articolo 3, comma 7, del riformato d.lgs. n.118/2011, presuppone la determinazione in via definitiva dell’importo dei residui esistenti al 31 dicembre 2014 in base al previgente ordinamento contabile. Tale distinta operazione ricognitiva (cd. “ordinaria”) consiste nel verificare se permangono le ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui e corrisponde a ciò che, annualmente, gli enti eseguono in sede di rendiconto per accertare il risultato di amministrazione dell’esercizio.
La peculiarità della fase di avvio della riforma consiste nel fatto che, mentre si procede al tradizionale riaccertamento dei residui necessario alla predisposizione del rendiconto 2014 (ricognizione da effettuare sulla base dell’ordinamento contabile vigente nel 2014), occorre parallelamente individuare, per i residui passivi, quale di essi non sia sorretto da una obbligazione giuridica perfezionata e, per i rimanenti (residui attivi e passivi), quale sia l’esercizio di scadenza della relativa obbligazione e il grado di esigibilità (ricognizione da effettuare, evidentemente, sulla base dei principi introdotti dalla riforma).
All’esito di tale procedura congiunta, l’ammontare dei residui finali al 31 dicembre 2014 risultante dal riaccertamento ordinario dei residui dovrà corrispondere, necessariamente, all’importo dei residui iniziali dell’esercizio 2015, salva la necessità di procedere, con effetto alla data del 1° gennaio 2015, alle variazioni di bilancio conseguenti alla cancellazione dei residui individuati a seguito del riaccertamento straordinario condotto secondo i principi della competenza finanziaria “potenziata”.
La sequenza procedimentale sopraccennata collega in modo indissolubile il riaccertamento ordinario dei residui (vecchio ordinamento) alla corretta impostazione del bilancio di previsione pluriennale 2015-2017 (nuovo ordinamento) ed esclude che le due operazioni possano essere condotte in tempi diversi.
Il riaccertamento straordinario dei residui attivi
L’attività di riaccertamento straordinario trova il suo punto di concretezza nei seguenti scenari:
a) insussistenza di poste contabili nominali e conseguente cancellazione;
b) reimputazione dei crediti non esigibili nell’anno di riferimento agli esercizi futuri;
c) costituzione del “fondo crediti di dubbia esigibilità” a garanzia del rischio della mancata o parziale riscossione.
Dalle predette operazioni si potrebbe verificare un peggioramento del risultato di amministrazione. La normativa comunque prevede modalità di ripiano dei disavanzi nell’arco di dieci anni.
In linea di principio la determinazione del fondo crediti di dubbia e difficile esigibilità è ispirata a criteri automatici e va ancorata ai valori specificamente indicati dal legislatore. Eventuali diverse valutazioni dovranno essere illustrate adeguatamente nella nota integrativa. I principi applicati sono improntati ad un criterio restrittivo, fondato sull’anzianità dei residui fermo restando un giudizio probabilistico ancorato al grado di solvibilità del debitore ovvero al grado di effettivo realizzo. L’accertamento dei crediti di dubbia e difficile esazione dipende, quindi, da una verifica analitica degli elementi contabili ed extracontabili su cui fondare un ragionevole affidamento circa l’esistenza di un significativo grado di probabilità di riscossione. Su questi aspetti le Sezioni regionali di controllo della Corte effettueranno le necessarie e puntuali verifiche.
Il riaccertamento straordinario dei residui passivi
La formazione dei residui passivi, nel nuovo ordinamento contabile degli enti territoriali, è fortemente limitata alla registrazione dell’obbligazione giuridicamente perfezionata e la sua imputazione alle scritture contabili dell’esercizio in cui tale obbligazione viene a scadenza, ossia diventa esigibile. Di conseguenza, rileva la previsione del fondo pluriennale vincolato.
Ma, al di là del principio della competenza finanziaria potenziata, un freno all’incremento dei debiti pregressi viene dalle disposizioni che impongono, al momento dell’adozione di un provvedimento di spesa, il preventivo accertamento della compatibilità dei conseguenti pagamenti con gli stanziamenti di bilancio, a pena di responsabilità amministrativo-contabile e disciplinare (cfr. art. 56, co. 6, d.lgs. n. 118/2011 e art. 183, co. 8, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nel testo emendato dal d.lgs. n. 126/2014).
Una norma di analogo contenuto era stata concepita, in passato, nella vigenza del criterio di “competenza finanziaria” correlato al momento in cui sorgono le obbligazioni giuridicamente perfezionate (art. 9, co. 2, d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla l. 3 agosto 2009, n. 102). L’obiettivo, chiaramente espresso, era quello di evitare la formazione dei residui e, in un certo senso, avvicinare la gestione di competenza a quella di cassa.
Il fatto che tale disposizione sia stata reiterata nel contesto della “competenza finanziaria potenziata”, che prevede l’imputazione alle scritture contabili degli esercizi in cui tale obbligazione (giuridicamente perfezionata) è esigibile, conferma la permanenza di una differenza tra la gestione per cassa e la gestione per competenza, sia pure nella nuova accezione del principio. Pertanto, sono ancora attuali le cautele volte a ridurre i possibili disallineamenti temporali tra la fase dell’impegno e quella del pagamento e, quindi, la formazione dei debiti pregressi.
Primi esiti della sperimentazione negli enti locali
Il periodo di sperimentazione dell’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio è stato inizialmente condotto da 12 province e 68 Comuni. Sei di questi sono statiesclusi dalla sp erimentazione con d.m. 13 luglio 2012; 14 hanno rinunciato alla sperimentazione nel corso del 2013 ed un nuovo comune è subentrato nello stesso anno. Per effetto dell’art. 9 del d.l. n. 102/2013, che nel procrastinare il periodo di sperimentazione ha permesso l’estensione ad altri enti, il numero di enti partecipanti si è notevolmente ampliato. Ad oggi si contano 23 province, 373 comuni e 5 unioni di comuni. Tra quelli entrati nel 2014 vi è stata la rinuncia di una amministrazione provinciale e di 50 comuni.
La riforma, come già si evince dai dati relativi agli enti in sperimentazione, innova significativamente la disciplina dei vincoli di destinazione, prevedendo che le entrate vincolate non ancora spese costituiscono una quota vincolata del risultato di amministrazione, mentre prima della riforma, il TUEL (art. 183 co. 5) garantiva il rispetto dei vincoli di destinazione imponendo l’impegno immediato di tali risorse, anche in assenza di obbligazioni giuridicamente perfezionate. Pertanto, la nuova disciplina restituisce alla contabilità quella funzione conoscitiva che la caratterizza, anche se richiede, soprattutto per gli enti locali, una particolare attenzione alla gestione delle risorse vincolate confluenti nel risultato di amministrazione.
Quanto osservato nella parte generale consente di comprendere appieno la rilevanza di una completa e corretta applicazione del principio di competenza finanziaria che, come declinato nell’all. 1 del d.lgs. n.126/2014, impone l’imputazione dei debiti, fondati su obbligazioni giuridicamente perfezionate, all’esercizio in cui le stesse vengono a scadenza, nonché l’importanza dell’operazione di riaccertamento straordinario, di cui all’art. 3, comma 7, dello stesso decreto che integra e corregge il d.lgs. n. 118/2011.
La corretta applicazione dell’anzidetto principio, come dimostrato dall’esperienza degli enti che hanno partecipato alla sperimentazione, potrà consentire la definitiva cancellazione dei debiti cui non corrispondano obbligazioni giuridicamente perfezionate e l’eliminazione, con successiva reimputazione ad esercizi successivi, di debiti che, pur corrispondendo ad obbligazioni giuridicamente perfezionate e perciò impegnabili, non siano pervenuti a scadenza.
Sebbene l’osservazione degli andamenti della gestione dei residui per la platea degli enti monitorati mostri come, sia per i comuni che per le province, la riduzione dei residui passivi appaia più marcata per le spese di investimento che per le spese di parte corrente, l’operazione di riaccertamento presenterà maggiori difficoltà per le spese in conto capitale, in ragione della necessità di un’adeguata verifica della programmazione degli interventi connessi.
Ulteriore difficoltà emersa, in fase di sperimentazione, quale portato dell’applicazione del principio di competenza finanziaria e dell’operazione di riaccertamento dei residui è quella di accantonamento nel bilancio di previsione di un fondo svalutazione crediti (successivamente fondo crediti di dubbia esigibilità), quale quota dell’avanzo di amministrazione, in particolare, per gli enti che erano soliti finanziare spese ricorrenti con entrate di dubbia e difficile esazione e per quelli che applicavano in modo solo formale il principio di prudenza, accertando per cassa le entrate di dubbia esigibilità, senza effettuare i dovuti accantonamenti.
Deve osservarsi, infine, che l’entrata in vigore, a regime, del cruciale principio della competenza finanziaria potenziata, mal si concilia, come emerso nel corso della sperimentazione, con l’ormai endemico e censurabile rinvio del termine per l’approvazione del bilancio di previsione.(Notizie Locali)