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L'AQUILA - NASCE FONDAZIONE FILM COMMISSION: Redazione- Il testo unico di riordino di tutte le leggi vigenti in materia culturale, approvato oggi dal Consiglio regionale, prevede l'istituzione, il riconoscimento e la partecipazione della Regione alla 'Fondazione Abruzzo Film Commission', che torna in Abruzzo, come sottolineato in A24/A25 - IL GOVERNO FRENA SULLA RIDUZIONE DEI COSTI DEI PEDAGGI: Redazione- Il governo,frena sulla riduzione delle tariffe ma accetta il confronto tecnico su A24 e A25 chiesto dai sindaci di Abruzzo e Lazio. Velia Nazzarro, sindaco di Carsoli e coordinatrice del comitato di amministratori, è stata ieri a Roma per ROCCA DI BOTTE - XVIII SECOLO – L’ANTICO ORGANO CATARINOZZI: Redazione- Prima di parlare della storia dell’organo, dedico un istante al suo geniale padre, per esser ancora piu’ precisi il suo  ideatore. Cesare Catarinozzi (1660 – 1743) famoso e geniale costruttore di organi la cui opera fu fonte di gloria imperitura 25 MARZO SARA FAVARO' E - IL CORAGGIO DELLE DONNE 2 - A BIANCAVILLA (CT): Redazione- Sabato 25 marzo alle ore 10,30 presso la Villa delle Favare di Biancavilla, incontro “Ricominciare dal Coraggio delle Donne”, organizzato da “Ricominciare”, Associazione onlus di donne operate al seno, che gode del patrocinio del Comune di Biancavilla. Sara Favarò, SCURCOLA MARSICANA - L’ANTICA ROCCA ORSINI: Redazione- La rocca Orsini si trova nella parte alta dell’abitato di Scurcola Marsicana, dominando i piani palentini con la valle del salto a nord e la valle dell’Imele a sud. Dall’analisi del monumento è stato possibile ricostruire una serie di FEDERITALY – AVVIO IN GRANDE STILE CON UN EVENTO AL SENATO PER LA CERTIFICAZIONE “FEDERITALY 100% MADE IN ITALY” SU: Presenti rappresentanti delle Istituzioni, imprenditori e professionisti per un progetto che sta riscuotendo grande interesse a livello mondiale. Redazione- Il 21 Marzo si è svolto nella Sala Capitolare di Palazzo della Minerva – Senato della Repubblica – un importante convegno PERETO XII SECOLO – IL CASTELLO MEDIEVALE: Redazione- “Maestoso rifletti ai miei occhi o ardua fortezza, che dal basso all’alto rimembri a me storie di valorosi cavalieri.Di torre in torre il tuo casato osserva il quiete paesello”                      VASTO, PROIEZIONE - INVISIBILI- DI PAOLO CASSINA: Redazione- La proiezione ed il dibattito del docufilm Invisibili si svolgerà domenica 26 marzo 2023, dalle 17 al POLITEAMA RUZZI in C.so Nuova Italia n.5 a VASTO.Nico Liberati portavoce del comitato DIFESAMINORI dichiara:” Deve essere riaperto e restituito alla cittadinanza I NUOVI APPUNTAMENTI DI ROMA CULTURE 2023 DAL 22 AL 28 MARZO: Redazione- In partenza una nuova settimana di eventi di Roma Culture con le iniziative proposte dalle istituzioni culturali cittadine e con la programmazione di PPP 100 - Roma racconta Pasolini, dedicata alla celebrazione del centenario pasoliniano. Questa settimana, inoltre, in CARSOLI - IL PREMIO L'AQUILA D'ORO DELLA 50&PIU' ALLA MEMORIA A FRANCO GRECO: Redazione- La vita è un mistero, un algoritmo dove nessuno sa la sua numerazione, che ha volte ci rende inermi. Ancora nella memoria, la tragica scomparsa dell'imprenditore FRANCO GRECO. L'associaizone di ultracinquantenni aderenti alla alla Confcommercio, consegnerà alla moglie dell'imprenditore,

L'UNIONE EUROPEA E' FINITA E NON RIFORMABILE

Fine dell'Unione Europea Fine dell'Unione Europea
Redazione-Mettetevelo in testa: l’Unione Europea è finita, non è riformabile. E’ la sintesi che fornisce Carlo Formenti su “Micromega”, commentando il numero di maggio-giugno della rivista “Il Ponte”, intitolato “Un’altra Europa”, con 10 mini-saggi firmati da autori come Ernesto Screpanti, Luciano Vasapollo, Giorgio Cremaschi nonché Marco Baldassari, Diego Melegari e Stefano Zai. Fine dell’illusione riformista, nessuna possibile «evoluzione democratica delle istituzioni comunitarie». Tesi scolpite nel marmo: la natura dell’Ue è «costitutivamente oligarchica». Peggio: «Principi e valori dell’ordoliberalismo tedesco ne ispirano il progetto». C’è ormai una «presa d’atto della natura neocoloniale della relazione fra Germania e paesi dell’area mediterranea e dell’Est europeo». Tutti concordi sulla «necessità di rompere con la Ue e di dare avvio a processi alternativi di aggregazione fra paesi periferici». Sbagliato, scrive Formenti, considerare “un errore” la politica economica europea «nel ritorno al dogma dello Stato minimo, tipico del liberismo classico». Sbagliato pensare «che tale errore sia correggibile attraverso il ritorno a politiche neokeynesiane». Con Bruxelles la partita è persa, resta solo la fuga.

Si insiste sul fatto che la visione ordoliberale, adottata fin dalle origini dalla Germania postbellica, nega la capacità del mercato di autoregolarsi e affida allo Stato – uno Stato forte, dunque – il ruolo di definire un quadro giuridico istituzionale, una vera e

propria “costituzione economica”, nel quale i fattori economici possano esplicarsi correttamente (stabilità dei prezzi, protezione della concorrenza da sostegni pubblici e interventi “lobbistici” dei corpi intermedi come i sindacati). La politica non deve dunque compensare gli effetti del mercato (di qui l’obiettivo di smantellare il welfare) ma garantire il libero sviluppo di un’economia che – in quanto “economia sociale di mercato” – si presenta come un vera e propria utopia, una economia“morale” fondata su un mix di spirito imprenditoriale, valore comunitario e ordine sociale armonico. Questa funzione di governance, continua Formenti, non necessita di legittimazione, per cui le critiche alla scarsa democraticità delle istituzioni europee, o alla presunta incompletezza del processo di unificazione politica cadono letteralmente nel vuoto: «l’Unione non è uno stato federale “incompiuto”, bensì una superstruttura parastatale che ha il compito di gestire una governance multilivello». Una superstruttura «rispetto alla quale i trattati assumono valore costituzionale, funzionano come “una costituzione senza Stato e senza popolo”».

Di fronte a questa realtà, «l’unico argomento che consente alle sinistre radicali di coltivare l’illusione riformista di poter democratizzare questa Europa è il dogma (fedele a una sorta di internazionalismo astratto che sconfina nel cosmopolitismo borghese) secondo cui il piano sovranazionale sarebbe l’unico sul quale è possibile rappresentare gli interessi delle classi subalterne», osserva Formenti. Altro argomento, la relazione semicoloniale fra la Germania e gli altri paesi, mediterranei e dell’Est, «imposta dai rapporti di forza fra grandi potenze in conflitto reciproco sul mercato globale». Il processo di globalizzazione è stato a lungo trainato «dalla sostanziale convergenza di interessi fra Stati Uniti e Cina: da un lato, la politica americana di espansione della domanda aggregata che alimentava la crescita di consumi, investimenti e importazionigonfiando il debito pubblico e privato (e facendolo pagare agli altri paesi grazie all’egemonia del dollaro), dall’altro, il mercantislismo cinese che sfruttava la politica americana per alimentare i vertiginosi tassi di crescita del proprio surplus commerciale». La crisi, argomenta Screpanti, ha rotto questi equilibri, inducendo quasi tutti i paesi ad adottare forme di “mercantilismo difensivo” che tendono a rallentare lo sviluppo, nella misura in cui rallentano la domanda mondiale di importazioni. Secondo Screpanti, non è tuttavia corretto parlare di “fine della globalizzazione”, in quanto il processo di internazionalizzazione delle grandi imprese prosegue, anche se entra in contraddizione con il nazionalismo dei grandi Stati. In questo contesto la Germania, «il cui modello di sviluppo è stato fin dall’inizio basto sulle esportazioni», tende ad accentuare ulteriormente la pressione sugli altri paesi dell’Unione, imponendo – come afferma Vasapollo – una divisione del lavoro «che assegna ai paesi mediterranei il ruolo di importatori, mentre trasferisce all’Est il sistema industriale per ridurre ulteriormente il costo del lavoro». Del resto, «il mito della convergenza delle economie nazionali dell’area Ue è tramontato da tempo, di fronte alla forbice che vede un Nord che cresce rapidamente grazie ai surplus commerciali opposto un Sud che cresce lentamente, haelevati tassi di disoccupazione, debiti pubblici in aumento, bilanci commerciali in deficit e subisce un processo di deindustrializzazione». Ormai, continua Formenti, è evidente che l’euro «è lo strumento che ha consentito alla Germania di imporre ai soci di finanziare i suoi squilibri di bilancio (soprattutto dopo l’unificazione con l’Est), di costruire un nuovo proletariato industriale per le sue multinazionali e di esercitare un inedito colonialismo interno al polo europeo per sostenere le proprie ambizioni di potenza emergente a livello globale». Di fronte a questo scenario, «che rende irrealistico qualsiasi progetto di riforma di questa Europa», tutti gli articoli sostengono l’inevitabilità, per quelle forze politiche che intendano realmente rappresentare gli interessi delle classi subalterne, di lavorare per la rottura della Ue anche prendendo in considerazione l’ipotesi di un’uscita unilaterale (Italexit) del nostro paese – uscita che, scrive Screpanti, mentre rappresenterebbe un processo dirompente per tutta l’Unione, non deve farci dimenticare che implicherebbe un prezzo elevatoda pagare. Tema che Vasapollo affronta da un altro punto di vista, sviluppando la prospettiva della costruzione di un’Europa dei popoli mediterranei in analogia all’alleanza politico-economica messa in atto alle rivoluzioni bolivariane in America Latina.

Di taglio più politico l’articolo di Cremaschi, che affronta la crisi della globalizzazione dal punto di vista della perdita di consenso delle masse popolari nei confronti delle élite che hanno governato il processo negli ultimi decenni. «A causa della crisi, gli avanzi della ricchezza accumulata non hanno più potuto essere ridistribuiti, aggravando ulteriormente gli effetti di una “guerra di classe dall’alto” che già aveva falcidiato occupazione, salari e welfare, per cui non è un caso se la rivolta è partita proprio in quei paesi – Stati Uniti e Inghilterra, dove quasi mezzo secolo fa è iniziata la controrivoluzione liberista». Che poi questa rivolta abbia assunto connotati di destra (senza dimenticare tuttavia il caso Sanders), sia stata cioè egemonizzata da forze che affidano ogni soluzione a un leader, si concentrano esclusivamente sulla lotta alle caste corrotte e dirottano la rabbia popolare sui migranti, non toglie nulla al fatto che questo dissenso politico di massa sia il punto da cui è necessario partire per produrre qualsiasi cambiamento reale. Le sinistre radicali? Continuano ad allearsi «alle socialdemocrazie in via di estinzione», quando non sono «pienamente convertite al liberismo», e quindi «si autocondannano alla ininfluenza più assoluta». Meglio invece «misurarsi con “l’onda populista”», perché il vero problema ormai «non è se,

ma come, usciremo dalla globalizzazione».

Fonte:stopeuro.org

Ultima modifica ilGiovedì, 14 Settembre 2017 20:55

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