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L'AQUILA - SCONTRO TRA AUTO E MOTO, PERDE LA VITA UN VENTENNE: A L'Aquila per un incidente, perde la vita , nella frazione di Coppito, un ventenne Franco Baglioni. Baglioni era sulla sua moto quando si è scontrato con un’auto, guidata da una donna, in Via Fioretta, all’altezza del bivio per Via TAGLIACOZZO - MARSILIO " IL PALIO DELLE REGIONI, LA GRANDE IPPICA ": Il 4 agosto torna il Palio delle Regioni, un appuntamento importante che quest'anno vede Tagliacozzo, uno dei più vivaci borghi d'Abruzzo, al centro di questa spettacolare manifestazione. L'Abruzzo è di nuovo protagonista di un evento sportivo di rilievo nazionale, che ABRUZZO - SANTANGELO " APRIAMO NUOVA PAGINA SU ADOZIONI E AFFIDO ": "Alziamo il livello d'attenzione sul sistema delle adozioni e degli affidi dando gli strumenti necessari per agire agli organismi regionali che si occupano di queste delicate materie". Le parole dell'assessore alle Politiche sociali, Roberto Santangelo, hanno aperto la riunione del REGIONE ABRUZZO - ACCORDO CON I CARABINIERI FORESTALI PER L'UTILIZZO ABUSIVO DELL'ACQUA: mpedire e contrastare l'utilizzo abusivo dell'acqua, specialmente in un periodo di carenza evidente di questa risorsa, costituisce lo scopo dell'accordo operativo sottoscritto la scorsa settimana tra la Regione Abruzzo e e il Comando Regione Carabinieri Forestale "Abruzzo e Molise".L'acqua costituisce ORICOLA - GLI EVENTI ESTATE 2024 DELLA ASS. PRO LOCO ORICOLA APS: Con le belle serate d'estate, arrivano le sagre nelle piazze, ed ecco il programma della ASS.PRO LOCO ORICOLA APS. Il 27 Luglio arriva la SAGRA DELLE FETTUCCINE , con salsicce e spuntature. Il 10 Agosto arriva l'evento " LE RIETI - A SANTA RUFINA ARRIVANO GLI ERRESEI, LA STRAORDINARIA MUSICA POPOLARE: Tredici gioni di grande musica a Santa Rufina, e non si poteva non chiudere l'evento con i fuochi d'artificio, con la musica esplosiva degli ERRESEI. Gli ERRESEI, Ciceroni della splendita musica popolare, negli ultimi anni sono presenti nelle migliori piazze LATINA - A MONTE SAN BIAGIO ALLA FESTA DELLA BIRRA CI SARA' LA SPLENDITA MUSICA POPOLARE DEGLI " ERRESEI ": La musica travolgente degli ERRESEI, musica popolare, arriva alla terza edizone della festa della birra, a Monte San Biagio in provicnia di Latina. L'appuntamento è per il 27 Luglio dalle ore 21. NON FATELO RACCONTARE L'ENERGIA VA VISSUTA, E GLI ERRESEI AVEZZANO - OMAGGIO AL MAESTRO FRANCO BATTIATO CON I FERRO BATTUTO SEXTETBAND: Il 2 Agosto per la settimana marsicana, in piazza Risorgimento, dalle 21.30 sotto la direzione della serata da parte di Luisa Novorio, arriva un garnde tributo alla musica ed la grande maestro Battiati. Le musiche salienti del maestro saranno proposte AVEZZANO - NAPOLI TRE PUNTI .......E A CAPO, LIVE TOUR ARBORE TRIBUTE: Per la settimana Marsicana ad Avezzano l'1 Agosto Orietta Spera presenta una bellissima serata con la musica napoletana di Renzo Arbore, nella straordinaria serata ?????? ??? ?????…? ? ???? ???? ???? ?????? ???????. Dalle 21.30 presso piazza Risorgimento. CARSOLI - AD AGOSTO TORNA "IL BORGO DI BACCO": Torna a grande richiesta IL BORGO DI BACCO, evento enogastronomico, ideato ed organizzato dalla pro loco di Carsoli (proloco Carseoli). Un percorso per il borgo vecchio, tra ottima cucina e buon vino, tanti gli stand, tra ristoratori e associaizoni, che

L'UNIONE EUROPEA E' FINITA E NON RIFORMABILE

Fine dell'Unione Europea Fine dell'Unione Europea
Redazione-Mettetevelo in testa: l’Unione Europea è finita, non è riformabile. E’ la sintesi che fornisce Carlo Formenti su “Micromega”, commentando il numero di maggio-giugno della rivista “Il Ponte”, intitolato “Un’altra Europa”, con 10 mini-saggi firmati da autori come Ernesto Screpanti, Luciano Vasapollo, Giorgio Cremaschi nonché Marco Baldassari, Diego Melegari e Stefano Zai. Fine dell’illusione riformista, nessuna possibile «evoluzione democratica delle istituzioni comunitarie». Tesi scolpite nel marmo: la natura dell’Ue è «costitutivamente oligarchica». Peggio: «Principi e valori dell’ordoliberalismo tedesco ne ispirano il progetto». C’è ormai una «presa d’atto della natura neocoloniale della relazione fra Germania e paesi dell’area mediterranea e dell’Est europeo». Tutti concordi sulla «necessità di rompere con la Ue e di dare avvio a processi alternativi di aggregazione fra paesi periferici». Sbagliato, scrive Formenti, considerare “un errore” la politica economica europea «nel ritorno al dogma dello Stato minimo, tipico del liberismo classico». Sbagliato pensare «che tale errore sia correggibile attraverso il ritorno a politiche neokeynesiane». Con Bruxelles la partita è persa, resta solo la fuga.

Si insiste sul fatto che la visione ordoliberale, adottata fin dalle origini dalla Germania postbellica, nega la capacità del mercato di autoregolarsi e affida allo Stato – uno Stato forte, dunque – il ruolo di definire un quadro giuridico istituzionale, una vera e

propria “costituzione economica”, nel quale i fattori economici possano esplicarsi correttamente (stabilità dei prezzi, protezione della concorrenza da sostegni pubblici e interventi “lobbistici” dei corpi intermedi come i sindacati). La politica non deve dunque compensare gli effetti del mercato (di qui l’obiettivo di smantellare il welfare) ma garantire il libero sviluppo di un’economia che – in quanto “economia sociale di mercato” – si presenta come un vera e propria utopia, una economia“morale” fondata su un mix di spirito imprenditoriale, valore comunitario e ordine sociale armonico. Questa funzione di governance, continua Formenti, non necessita di legittimazione, per cui le critiche alla scarsa democraticità delle istituzioni europee, o alla presunta incompletezza del processo di unificazione politica cadono letteralmente nel vuoto: «l’Unione non è uno stato federale “incompiuto”, bensì una superstruttura parastatale che ha il compito di gestire una governance multilivello». Una superstruttura «rispetto alla quale i trattati assumono valore costituzionale, funzionano come “una costituzione senza Stato e senza popolo”».

Di fronte a questa realtà, «l’unico argomento che consente alle sinistre radicali di coltivare l’illusione riformista di poter democratizzare questa Europa è il dogma (fedele a una sorta di internazionalismo astratto che sconfina nel cosmopolitismo borghese) secondo cui il piano sovranazionale sarebbe l’unico sul quale è possibile rappresentare gli interessi delle classi subalterne», osserva Formenti. Altro argomento, la relazione semicoloniale fra la Germania e gli altri paesi, mediterranei e dell’Est, «imposta dai rapporti di forza fra grandi potenze in conflitto reciproco sul mercato globale». Il processo di globalizzazione è stato a lungo trainato «dalla sostanziale convergenza di interessi fra Stati Uniti e Cina: da un lato, la politica americana di espansione della domanda aggregata che alimentava la crescita di consumi, investimenti e importazionigonfiando il debito pubblico e privato (e facendolo pagare agli altri paesi grazie all’egemonia del dollaro), dall’altro, il mercantislismo cinese che sfruttava la politica americana per alimentare i vertiginosi tassi di crescita del proprio surplus commerciale». La crisi, argomenta Screpanti, ha rotto questi equilibri, inducendo quasi tutti i paesi ad adottare forme di “mercantilismo difensivo” che tendono a rallentare lo sviluppo, nella misura in cui rallentano la domanda mondiale di importazioni. Secondo Screpanti, non è tuttavia corretto parlare di “fine della globalizzazione”, in quanto il processo di internazionalizzazione delle grandi imprese prosegue, anche se entra in contraddizione con il nazionalismo dei grandi Stati. In questo contesto la Germania, «il cui modello di sviluppo è stato fin dall’inizio basto sulle esportazioni», tende ad accentuare ulteriormente la pressione sugli altri paesi dell’Unione, imponendo – come afferma Vasapollo – una divisione del lavoro «che assegna ai paesi mediterranei il ruolo di importatori, mentre trasferisce all’Est il sistema industriale per ridurre ulteriormente il costo del lavoro». Del resto, «il mito della convergenza delle economie nazionali dell’area Ue è tramontato da tempo, di fronte alla forbice che vede un Nord che cresce rapidamente grazie ai surplus commerciali opposto un Sud che cresce lentamente, haelevati tassi di disoccupazione, debiti pubblici in aumento, bilanci commerciali in deficit e subisce un processo di deindustrializzazione». Ormai, continua Formenti, è evidente che l’euro «è lo strumento che ha consentito alla Germania di imporre ai soci di finanziare i suoi squilibri di bilancio (soprattutto dopo l’unificazione con l’Est), di costruire un nuovo proletariato industriale per le sue multinazionali e di esercitare un inedito colonialismo interno al polo europeo per sostenere le proprie ambizioni di potenza emergente a livello globale». Di fronte a questo scenario, «che rende irrealistico qualsiasi progetto di riforma di questa Europa», tutti gli articoli sostengono l’inevitabilità, per quelle forze politiche che intendano realmente rappresentare gli interessi delle classi subalterne, di lavorare per la rottura della Ue anche prendendo in considerazione l’ipotesi di un’uscita unilaterale (Italexit) del nostro paese – uscita che, scrive Screpanti, mentre rappresenterebbe un processo dirompente per tutta l’Unione, non deve farci dimenticare che implicherebbe un prezzo elevatoda pagare. Tema che Vasapollo affronta da un altro punto di vista, sviluppando la prospettiva della costruzione di un’Europa dei popoli mediterranei in analogia all’alleanza politico-economica messa in atto alle rivoluzioni bolivariane in America Latina.

Di taglio più politico l’articolo di Cremaschi, che affronta la crisi della globalizzazione dal punto di vista della perdita di consenso delle masse popolari nei confronti delle élite che hanno governato il processo negli ultimi decenni. «A causa della crisi, gli avanzi della ricchezza accumulata non hanno più potuto essere ridistribuiti, aggravando ulteriormente gli effetti di una “guerra di classe dall’alto” che già aveva falcidiato occupazione, salari e welfare, per cui non è un caso se la rivolta è partita proprio in quei paesi – Stati Uniti e Inghilterra, dove quasi mezzo secolo fa è iniziata la controrivoluzione liberista». Che poi questa rivolta abbia assunto connotati di destra (senza dimenticare tuttavia il caso Sanders), sia stata cioè egemonizzata da forze che affidano ogni soluzione a un leader, si concentrano esclusivamente sulla lotta alle caste corrotte e dirottano la rabbia popolare sui migranti, non toglie nulla al fatto che questo dissenso politico di massa sia il punto da cui è necessario partire per produrre qualsiasi cambiamento reale. Le sinistre radicali? Continuano ad allearsi «alle socialdemocrazie in via di estinzione», quando non sono «pienamente convertite al liberismo», e quindi «si autocondannano alla ininfluenza più assoluta». Meglio invece «misurarsi con “l’onda populista”», perché il vero problema ormai «non è se,

ma come, usciremo dalla globalizzazione».

Fonte:stopeuro.org

Ultima modifica ilGiovedì, 14 Settembre 2017 20:55

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